Nel testo di Rutelli, ben bilanciato tra un'ironia rassegnata e un realismo amaro, si fa riferimento a licenziamenti all'interno di un'azienda di calze, e la mente non può che volare alla vicenda Omsa. La precarietà nella vita di Anna (questo il nome assunto dall'attrice Cristina Aubry che si porta con forza sulle spalle il peso di un monologo non semplice) è condensata in questa situazione grottesca, sospesa a metri d'altezza dentro una scatola di latta dalla quale non può fuggire e dove anche i ricordi, del marito, della madre, fanno soltanto male e riaprono vecchie ferite mai rimarginate.
TOMMASO CHIMENTI - RECENSITO.IT
scritto e diretto da Manfredi Rutelli
con Cristina Aubry
e le voci fuori scena di Pierpaolo Palladino, Alessandro Waldergan e Gianni Poliziani
Uno spettacolo che, con leggerezza ed umorismo, affronta la drammatica esperienza della perdita del lavoro da parte di una donna.
Anna, mentre sta salendo per andare ad un appuntamento importante, l’appuntamento con un’agenzia di consulenza per chi perde il lavoro, rimane bloccata dentro l’ascensore. Collegata con l’esterno solo grazie all’interfono dell’ascensore, tramite il quale comunica con un goffo portiere ed un eccitato pompiere. Anna cerca una rocambolesca via d’uscita.
In un turbinio di situazioni paradossali e comiche, tra ricordi giovanili e familiari, tra l’angoscia e le preoccupazioni per il suo essere in bilico, in tutti i sensi, con i sensi di colpa amplificati dal ricordo di una madre ipercritica e anaffettiva, ed un complesso di inferiorità nei confronti di una figlia troppo perfetta, Anna si ritrova a fare i conti con un’esistenza mai facile, mentre intorno a lei le luci vanno e vengono, e le note della canzoncina, “Quizas, quizas, quizas”, diffusa dall’interfono dell’ascensore, si confonde con il rumore di corde d’acciaio e delle lamiere.
Quando poi l’equivoco provocato dallo zelante portinaio, fa credere a tutti che l’ascensore bloccato è un gesto disperato e di protesta di una donna senza lavoro ed in piena crisi autolesionista, quando lo psicologo dell’agenzia di collocamento le fa il colloquio di lavoro attraverso l’interfono, e quando anche un manipolo di giornalisti, da dietro le porte chiuse dell’ascensore, le chiede insistentemente spiegazioni del suo insano gesto, TUTTO PRECIPITA.
Tra finzione e realtà prende la forma il dialogo tra una donna dell’est e la padrona di casa (quella della finzione) tra virate comiche e climax drammatici, in un veloce susseguirsi di colpi di scena. Al termine applausi convinti e commenti con le attrici, per un teatro nuovo, che si rigenera e dalla più vecchia forma di spettacolo sa tramutarsi in quella più vivace e aperta al cambiamento. Brave le attrici, interessante il testo di Dimitri Patrizi.
PIERGIORGIO MORI - CINELAB
Dialoghi e ‘assoli’ ben scritti, colpi di scena ed eventi inaspettati hanno reso questo spettacolo gradevole e al tempo stesso curioso. Due attrici bravissime che hanno saputo non solo comunicare i vari stati d’animo del loro personaggio ma sono riuscite a farci ‘vedere’ e ‘vivere’ cosa accadeva fuori e nelle altre stanze dell’appartamento. Complimenti a tutto lo staff di ‘staseranoidavoi’!
SALVATORE CHOSI
Bea è interpretata da una piccola donna bionda, che sprigiona tutta la sua bravura emozionando e divertendo. Il suo nome è Cristina Aubry.
ELENA LAZZARI - CULTURAMENTE
Il palco del Fringe accoglie due professionisti lontani dal coro del Teatro indipendente. Spicca a nostro avviso la classe e conclamata bravura della Aubry che cavalca con disinvoltura la sua ricca collana di personaggi e alterna comicità a commozione quando, in quest'ultimo caso, dà voce ad una donna che perde il figlio da subito e si protegge dentro un alibi forte come quell'amore avito di madre./p>
SALVO MIRAGLIA - IL GUFETTO
Il merito della resa di tutto questo è da imputare principalmente ai due protagonisti, Cristina Aubry e Oreste D’Ippolito: assolutamente disinvolti e sicuri, entrambi sono in grado di disegnare i contorni di personaggi diversi e lasciano il segno; la prima con una comicità sottile e allo stesso tempo un insieme di corde più vicine al sentimento; il secondo con un trasformismo quasi disincantato e una presenza scenica senza dubbio imponente./p>
GABRIELE AMOROSO - BRAINSTORMING CULTURALE
La Aubry vanta un percorso notevole tra teatro, cinema, radio e televisione. In questo spettacolo è lei la colonna portante: riesce a entrare con abilità nelle diverse identità femminili, risollevando le carenze testuali. Ironica ed espressiva, l’attrice fa parlare il corpo con una gestualità efficace./p>
MICHELA ZANELLA - PERIODICO ITALIANO MAGAZINE
“Chiuso per solitudine” è un testo di Orlando Placato, messo in scena da una frizzante e cangiante Cristina Aubry e Oreste D'Ippolito, per la regia di Anna Maria Loliva. Un susseguirsi di monologhi che vedono alternarsi sul palco i due attori. I personaggi portati in scena sono come diapositive. Inizialmente proiettate una per una, danno un focus caleideoscopico sullo scottante tema della solitudine, uno degli effetti collaterali dell'individualismo monadico che affligge la contemporaneità. /p>
EMANUELA COLATOSTI - MUSIC IT
Alla molteplicità di registri presenti nel testo Aubry risponde con rara maestria, sprigionandone ogni luce, dando voce e corpo, in un continuo gioco di modulazioni e compresenze, a tutte le emozioni contenute nelle parole il vissuto e la delusione, la rabbia e la ribellione, l'abreazione e il sarcasmo.
MARCO TOGNA - DRAMMA.IT
La Aubry vola e noi insieme a lei alla sintesi dei significati e delle persone che incarna dietro la sua maschera graziosa ma durissima, gentile ma dotata di una compostezza al limite della fermezza morale.
ENRICO BERNARD - SALTINARIA
Un monologo fine e sfaccettato interpretato con brio e passione da Cristina Aubry
FANNY CERRI - PENSIERIDICARTAPESTA.IT
Nell’interpretazione di Cristina Aubry emerge la vasta gamma delle emozioni umane esplicitamente femminili.
VALENTINA CARRABINO - TEATROTEATRO.IT
Veronica ha la voce e il volto di Cristina Aubry che sa dare al personaggio di Veronica una credibilità fatta di misura e classe al tempo stesso.Il ruolo che interpreta vive di un delicato equilibrio psicologico che la Aubry sa trasmettere con la naturalezza tipica delle attrici che conoscono le scene seguendo con grandissima capacità le continue modulazioni interpretative e i cambi di stato d’animo del personaggio.
STEFANO MICELI- L’INDRO.IT
Sola, vestita di nero, a piedi nudi, seduta su una sedia, sfoggia una serie di intonazioni, sguardi e gesti precisi, significativi ma sempre misurati e veri. Un teatro semplice, basato sulla parola, che racconta e smitizza il cinema guardandolo dal divano rosa di un primo camerino, dove arrivano a sedersi anche Coppola o Andy Garcia.
PAOLO PETRONI – IL CORRIERE DELLA SERA
Un teatro da camera di tutto rispetto magistralmente interpretato da una spumeggiante Cristina Aubry.
TIBERIA DE MATTEIS - IL TEMPO
Avvincente e avvolgente, il monologo a più voci di Aubry sfrutta tutte le corde di un testo scritto con palpabile sensibilità. Da una storia vera. Di quelle che nemmeno la fantasia saprebbe cogliere meglio.
ROSSELLA BATTISTI – L’UNITA’
Espressiva, volubile, ironica, tenera, suadente più che mai, l’attrice riveste di sguardi, tic, inflessioni dialettali, movimenti dei piedi e delle mani le varie presenze in gioco.
LAURA NOVELLI – IL GIORNALE
Un monologo serrato e coinvolgente della durata di un’ora. I fatti sono narrati attraverso un avvincente flash back, reso in ogni sua parte ironico, fluido e piacevolissimo dall’Aubry.
ANNALISA VENDITTI – ITALIA SERA
“Al Pacino” innamorato di Roma incanta il pubblico.
CHIARA BUONCRISTIANI – LIBERO
“La brava e disinvolta Aubry è Clara, è Corleone, è Coppola, è Andy Garcia, è l’autista di Pacino, è l’ingenuo faro che mette in luce tutti gli aspetti meschini del mondo dello spettacolo, fatto di personalità fragili che acuiscono tridimensionalità solo sotto i riflettori…”
PAOLA POLIDORO – IL MESSAGGERO
Pierpaolo Palladino e Cristina Aubry danno vita ad un armonioso scambio di monologhi nei quali trovano spazio la stanchezza di situazioni quotidiane, la rinnovata tenerezza, ma anche i lampi di solitudine misti ad improvviso umorismo
MARILENA GIULIANETTI - LIVECITY.IT
Palladino / Lorenzo e Aubry / Paola interpretano con misurata malinconia i rispettivi personaggi, mostrando di non giudicarli, ma anzi, forse di amarli.
MARCELLO ISIDORI - DRAMMA.IT
“Hard Love” vede in scena due protagonisti intensi e coinvolgenti, Cristina Aubry e Francesco Acquaroli, che animano certezze ed incertezze, nel confronto titanico tra amore e fede.
GAETANO MENNA - INTRATTENIMENTI.ORG
Una bravissima Cristina Aubry permette il passaggio continuo ed elastico tra la dimensione di una donna impegnata nel sociale e quella più tradizionale della donna classica con ironia, autoironia, leggerezza.
TEATRI DI CARTAPESTA
Cristina Aubry si offre generosamente in questo monologo, senza risparmiarsi in termini di voce e corporeità, portando sulla scena tutta la sua carica emotiva e la voglia di raccontare la vita di persone che conosce e ama, senza per questo perdere mai di vista se stessa.
MAURO CORSO - TEATROTEATRO.IT
La vivace prova e la verve di Cristina Aubry, che dimostra come il teatro di parola e di situazione possa vivere di uno spessore interpretativo che può avvicinarsi molto alla vita vera, ci catapultano in un contesto sociale di emarginazione e di disagio.
STEFANO MARIA PALMITESSA e FRANCESCA BARRECA
Il lavoro, oltre a mettere in luce l’intelligenza e la bravura dell’interprete, è un’occasione per misurare due mondi in un preciso momento storico attraverso le loro musiche (…) c’erano anche tre esecutori dal vivo, bravissimi.
IVANA MUSIANI – IL TEMPO
La Aubry è straordinaria nel passare dalla timidezza alla sensualità, nel mettere in rilievo passioni e contraddizioni dei personaggi, oltre che nel cantare suggerendo vibrazioni e brividi che il locale amplifica, trasformandosi in “cave”, scantinato jazz, luogo deputato di jam session. Si parla di teatro vero, autentico, toccante.
GIANLUCA VERLEZZA – GIORNALE D’ITALIA
Brava, intrigante, appassionata, la Aubry passa attraverso i 21 personaggi che interpreta egregiamente con una disinvoltura notevole, alternando la parte recitativa con il canto; un vero jolly in scena in uno spettacolo ben confezionato. Di ottimo livello anche la musica affidata a tre bravi musicisti
DIANA PALMA – SIPARIO
L’attrice si sdoppia mutando voci e accenti in Paolacci, nel suo assistente Servito, in una signora americana sempre un poco alticcia, il sassofonista Sam, oltre a parlar di se stessa e cantare con bella voce vecchie canzoni d’epoca (dal “Pinguino innamorato” a “Ba-ba-baciami”) e qualche motivo “nuovo” come “Night and day” o “Summertime”. Tutto con un garbo credibile e dal vivo, grazie all’accompagnamento del trio.
PAOLO PETRONI – IL CORRIERE DELLA SERA
Cristina Aubry esprime con calibrata sensibilita' la disarmata fragilita' emotiva della timida e imbranata Cloris...
PIETRO FAVARI – CORRIERE DELLA SERA
In questo delirio a quattro, Cristina Aubry, Annalisa Favetti, Francesco Meoni, Gigi Palla affrontano i giochi di parole,le invenzioni verbali, le trasgressioni linguistiche con frenetica efficienza e generosa comunicativa, che elude il confronto col titolare e inventa un' emancipazione interpretativa.
PIETRO FAVARI - CORRIERE DELLA SERA
Più che nel racconto in sé, noi spettatori l' equilibrio lo scopriamo nella gestualità di Palladino in quanto interprete: gestualità eloquentissima con il viso, con le mani, con il corpo tutto. Essa, da sé sola, fa lo spettacolo firmato dalla regista Cristina Aubry.
FRANCO CORDELLI – CORRIERE DELLA SERA